lunedì 3 settembre 2012

Istanbul- Incontro tra due (e più) mondi- parte 2

In soli 7 giorni (in realtà effettivi 6) sono riuscita ad affezionarmi al gelato compatto che non cade dal cono neanche se lo metti sotto sopra, alle contrattazioni al bazar ché se non contratti poi si offendono (e ti fregano), e anche ai minareti sparsi un po' ovunque, minareti che con i loro canti riempiono ogni angolo della città con i loro canti e preghiere- e allora veramente sembra di essere in una storia delle Mille e una Notte.
Istanbul (almeno la parte "europea", quella che ho visitato) è una città che vuole vivere all'occidentale, persone, soprattutto giovani, che potrebbero essere giovani di Roma, Barcellona o Parigi, e che non si divertono in modo diverso da come mi posso divertire io:uscendo con gli amici a prendersi una birra, magari a Galata, il quartiere giovane, andando in discoteca (sono stata al Reina, il club più esclusivo della capitale, bellissimo, se non altro per la vista sul ponte e sul Bosforo di cui si può godere tra un ballo e un altro) o entrando in uno dei tanti disco-pub disseminati per le case di Taksim, dove occupano gli appartamenti di primo e secondo piano.

Ma Istanbul affascina anche perché al fianco di quello che per me è la normalità, c'è anche il grande sconosciuto, quello di cui tante volte si parla e si sparla senza conoscerlo davvero: l'islamismo.
La Turchia, come l'Italia, è una democrazia, e, come l'Italia, si definisce "paese laico". Detto questo, non dovrebbe stupire più di tanto che,come in Italia non si può trascurare il fatto che la maggioranza della popolazione sia cattolica, così in Turchia non si può prescindere da quel 99% di persone che si professano musulmani.Certo, ci sono molti non praticanti,o almeno non nel senso più stretto del termine, come i ragazzi che ho conosciuto io, ma c'è comunque un bel numero di musulmani credenti; e come potrebbe essere altrimenti, in una città da quasi 15 milioni di abitanti (turisti compresi)?
Il velo lo portano molte donne, e non è raro imbattersi in gruppi di figure bardate in burqa neri, gli occhi attenti unica parte accessibile alla curiosità altrui. 
Il mondo della religione come regola di vita e il mondo più proiettato allo stile di vita occidentalizzato convivono a strettissimo contatto, guardandosi reciprocamente attraverso un vetro divisore. Almeno per le donne, visto che i maschi turchi (ma anche arabi egiziani e tunisini e chi più ne ha più ne metta) non rinunciano certo al pantaloncino corto o alla lacostina colorata anche quando vanno in Moschea (esperienza che coinvolge vista udito olfatto e pure tatto, visto che si cammina a piedi nudi su tappeti morbidissimi).

Ora,sul rapporto con la religione non mi sono confrontata con le turche che ho conosciuto (che pur essendo musulmane sono in tutto e per tutto europee),ma ho avuto modo di parlare con delle ragazze tunisine, egiziane e arabe, tutte molto simpatiche e non diverse da me nei pensieri nei modi e nei vestiti (almeno in quell'occasione). Ecco quello che mi hanno risposto sulla controbattuta questione del velo:


Il velo non è un obbligo e io personalmente ho scelto di non metterlo. Non è una cosa così strana da noi
(Ragazza Tunisina)
preciso che un altro gruppo di tunisine con cui non ho parlato di questo argomento erano pure parecchio esplicite con i ragazzi (citando un mio amico:"quella mi si è letteralmente lanciata addosso"): dico questo non per finto moralismo, ma perché ogni posto è paese e non può essere un abito o un credo religioso posticcio a impedire a una donna di divertirsi (almeno quando è in vacanza)


Il velo non è un obbligo né un imposizione: si sceglie di metterselo oppure no. Io personalmente non lo metto per andare in Università (che è mista, siamo maschi e femmine insieme) ma quando sono nel paese della mia famiglia lo metto: è una città molto piccola, e le persone anziane non guardano bene chi non indossa il velo.
(Ragazza Egiziana)
 la mentalità delle vecchie in Egitto non  mi sembra diversa da quella delle comari nei piccoli paesi: la verità è che certa gente, cristiana musulmana bianca nera o arancione, non sa mai che altro fare se non pensare male degli altri

Nel mio Paese (Arabia Saudita) per le donne è obbligatorio indossare,quando escono, una sorta di burqa, che lascia scoperto il viso, ma copre il resto. Ah, da noi le università sono rigorosamente separate: io ho il fidanzato (americano) ma molte delle mie amiche sono single perché mancano proprio i momenti d'incontro con l'altro sesso.
(Ragazza Araba)

questa cosa mi ha portato per riflesso condizionato a chiederle:

ma tu, nel tuo Paese, sei felice?

Sì,bhè, c'è la mia famiglia, i miei amici: quando sono a casa non ci penso. Cioè, sto bene. Quindi sì, sono felice.
Ma sia chiaro, non è la vita che sogno per me: andrò sicuramente a vivere all'estero...

Più onesta di così...
considerando poi il fatto che lei stessa si definisce fortunata perché il padre è un musulmano "atipico" e l'ha cresciuta al pari dei suoi fratelli maschi...con buona pace di quella nordica con un ragazzo di Ankara che mi disse
"le musulmane porteranno anche il burqa, ma poi comunque sotto hanno lingerie molto sexy"
non mi sembra che la situazione sia rosea, almeno per chi è costretto da leggi e modi coatti.
Invece molto rispetto per chi sceglie liberamente di velarsi il capo.
E' come chi sceglie di diventare vegetariano o di mettersi scarpe diverse: posso anche non condividere la sua scelta, ma in quanto scelta la rispetto volentieri.
Come si dice, in medio stat virtus.
E il troppo stroppia.

Alex V








2 commenti:

  1. Ho letto con molto piacere le tue parole, anche io ho scritto un post su Istanbul visitata ad agosto, eppure non ho ritrovato la magia da molti descritta. Chissà un domani non possa dare una seconda chance:-)

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    1. Vado subito a leggere!
      Io devo dire che invece sono rimasta più che soddisfatta: l'ho trovata magnifica!
      Alex V

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