giovedì 25 ottobre 2012

Della fine di un amore

Ad un certo punto non è che si possa continuare a dare craniate al muro. O ad ignorare l'elefante seduto in stanza con voi. Ad un certo punto bisogna dirselo, sinceramente e come coppia. Abbiamo un problema.
Premettendo che è una delle frasi più brutte che una persona possa sentirsi dire, la frase che fa camminare sull'orlo del precipizio. A volte porta a cambiamenti epocali nella relazione: da oggi rivoluzioniamo tutto e ci amiamo in una maniera completamente nuova, ricominciamo da noi due e sistemiamo il contorno. A volte porta a cambiamenti epocali e basta: finisce e non c'è molta più speranza di recuperare.
Io sono una grande negazionista dei problemi di coppia. Si tratta sempre di periodi, sindrome premestruale o problemi con l'università, o gelosie infondate. Ma il rapporto no, fino all'ultimo sono convinta vada bene. Fino a quando non riesco più a raccontarmele, queste pietose cazzate che dovrebbero far filare tutto liscio, ma nascondono solo la dura verità: c'è una malattia nel corpo della relazione. Tante volte in tre anni e mezzo si è riusciti a salvarla, col Rufo. Siamo stati dei bravi medici.
A volte però è terminale e diventa solo accanimento terapeutico.
A nessuno piace chiudere una fase della propria  vita in cui si è stati felici, si ha amato e si è creato qualcosa di speciale. Ma poi si torna a riva. Insieme ai rifiuti. Come sulla spiaggia di Follonica.
E che puoi dire, che puoi fare? Si può provare a farsi male. Ed anche in questo io ed il Rufo siamo stati bravissimi, perché ci siamo feriti in una maniera che non credevo immaginabile. Ai limiti della dignità.
Il colpo finale: la distanza. Perché se a 500km di distanza non hai voglia di sentire la persona che per tre anni e mezzo è stato il tuo cuore e stomaco e polmoni, diventa innegabile: il problema c'è.
Non importa di chi sia stata la colpa responsabilità (lo diceva sempre il mio professore di filosofia del liceo, che il termine colpa è abusato e che solo chi si macchia di reati è colpevole di qualcosa): un po' mia, un po' sua, secondo il proporzionale, il diretto o il ballottaggio. Si è arrivati a questo. E bisogna trovare il metodo meno doloroso per farlo.
Basta enunciare cazzate come l'esistenza di metodi indolore. Non esiste la ceretta indolore, figuriamoci la fine di una relazione. In ogni caso come si fa e si fa, si sbaglia sempre. Si tratta di salvare il salvabile.
Basta anche con la cazzata del chi lascia non soffre. Chi lascia soffre esattamente come chi è stato lasciato, con la differenza che non ha la simpatia del resto del mondo, perché "l'hai lasciato tu, cosa pretendi?".
Fatto sta che ogni volta è un salto nel vuoto, un lasciarsi dietro un posto dove si è stati felici per cercare fortuna all'Ovest, come pionieri nordamericani, con tanto di carro.
Ci vuole un maledettissimo coraggio.
Magari poi, mentre si sta lì a definire le cose pratiche (perché dopo tre anni e mezzo è un divorzio), allora ci si ricorda i momenti vissuti insieme e si attesta che a parte l'ultimo periodo è stata una storia meravigliosa. Si piange un po', per un attimo balena la pazza idea di tornare insieme ("lui mi ama ancora, siamo stati così bene in passato, funzionerà!"), ma basta poco per ricordarsi che ciò che è stato è andato.
Allora dai, ci risentiamo, ok, proveremo a rimanere amici, quando farà meno male, sicuro allora, ciao, ciao, è così difficile mollarsi, già, lo so, stiamo altri due minuti, ok. Adesso basta. 
Gli spietati salgono

sul treno e non ritornano
mai più, non sono come noi
perduti antichi eroi
noi due che al binario ci diciamo addio…

Tre anni e mezzo bellissimi, ma anche dolorosissimi. Grazie Rufo.

                                                                                              Midori 

7 commenti:

  1. Ti giuro, non me l'aspettavo...

    Sii forte Midori. Siamo con te;)

    (Ascoltare i Baustelle con questo stato d'animo però ti fa sprofondare!)

    RispondiElimina
  2. Grazie Lucius :) Grazie del sostegno :)
    e lo so che i Baustelle proprio non ci vogliono, però come le sanno descrivere lor queste sensazioni, non lo fa nessun altro :)

    RispondiElimina
  3. Commento di rado...in genere commento Alex V, ma questo post, quest post....
    mi dispiace, capisco cosa vuoi dire, io faccio parte della categoria "che ha mollato" ed anche "che è stata mollata"...
    non sto qui a fare la filippica sui due dolori che si prova, vai avanti, vedrai che ora hai un nuovo mondo da scoprire, epoi sei giovane ;-)...
    un forte abbraccio.

    RispondiElimina
  4. Quando finisce un amore è un pò come quando lo si comincia: prima devi costruire e poi smantellare. e ti carichi i sacchi di cemento sulle spalle e cadi sotto il loro peso e pensi che non amereai più perchè è fatica costruire ed è fatica decostruire, smontare, fare spazio. E cerchi dove non avresti mai creduto di cercare e, fortunatamente trovi. E ti rendi conto che non sei finita, che c'è altro, che vai avanti insieme al mondo che credevi fermo,che volevi fermo. Mi dispiace, tanto, perchè un amore finito è un lutto,una perdita, perchè è comunque una ferita.
    Passerà, e avrai qualcosa in più e qualcosa in meno.
    Ti abbraccio.
    Raffaella

    RispondiElimina
  5. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina
  6. "Domani è un altro giorno" (R. O'Hara).

    "La saggezza di Miss O'Hara è sempre stata sottovalutata" (M. O. Dias).

    ____________

    "Mi dispiace, Midori" (M. O. DIas).

    RispondiElimina
  7. Ragazzi, grazie a tutti :) domani è un altro giorno ed un'amica a casa ha delle tende che farebbero proprio un bel vestitino ;) suvvia, con l'autoironia, gli amici e il vostro supporto andrà tutto per il meglio :)

    RispondiElimina