giovedì 4 ottobre 2012

Di g/cessi e sedie

Inizio delle lezioni.
Aula minuscola riempita all'eccesso, sedie e banchi che sembrano dei seggioloni. Non scherzo, una volta aperto il sedile ed abbassato il piano per scrivere, manca solo il bavaglino. Per rendere le cose più interessanti, poi, le sedie sono di quelle momntate su un'unica struttura in ferro che si presuppone fissata a terra da otto bulloni, quattro per estremità, due sulla base anteriore e due sulla base posteriore. 
Tutti conosciamo l'enorme disagio di questo tipo di seduta, roba che se uno si gratta il naso, le sedie gemono e si lamentano tutte e sedici come se un pachiderma si fosse messo a passeggiare da un sedile all'altro, facendo sentire l'incauta persona che tenta un movimento come una balena in una boccia per pesci rossi. Allora, oltre a questo disagio aggiungete che degli otto bulloni classici ne siano rimasti solo i quattro anteriori, fornendo al gruppo di sedie una mobilità in avanti abbastanza scomoda. Variando adesso il peso, l'altezza, la postura delle sedici persone sedute su questa fila semovente, capirete l'enorme discomfort dello scrivere come si fosse a bordo del Titanic, post impatto col ghiaccio.Al posto di prendere appunti ho praticamente fatto addominali, per provare a mantenere le sedie dritte e non cadere rovinosamente in avanti. 
La lezione poi non è stata priva di disagi, grazie ai lavori nel palazzo adiacente e alla comparsa di un altro profesore.
-Scusami se ti interrompo ma devo prendere i gessi.
-Fai pure.
-Grazie. Questi lasciano sempre le aule senza cessi.


                                                                                     Midori

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