giovedì 15 novembre 2012

Venuto al mondo

Durante tutto il mio primo anno di storia con il Rufo avevo un incubo ricorrente. Sognavo che stavo con lui, ero incinta ed era una gravidanza desideratissima. Poi, inevitabilmente avevo un aborto spontaneo, a miscarriage. Mi svegliavo in lacrime ogni volta. Eppure avevo diciassette anni ed i miei desideri di maternità non erano forti. O meglio, come adesso, non c'erano.  Il mio utero era ed è una cosa che sta lì nel mio corpo e che una volta al mese mi da noia. Punto.

Volendo fare un'analisi da psicanalista della domenica, si potrebbe dire che la gravidanza del sogno era la storia e che io temessi di essere inadeguata al viverla, e quindi l'aborto. E questa era la spiegazione che mi davo, dopotutto il Rufo è stata la mia prima storia importante, a 17 anni ero ancora abbastanza infantile. Poi ho letto Venuto al Mondo. Allora ho cominciato a fare i conti con la paura che tutte noi donne ci  portiamo in un bagaglio dell'inconscio e che sempre ci porteremo, in barba al femminismo ed alle pari opportunità.

Se una donna sente di non poter avere figli, o anche di non poterli dare all'uomo che ama, si sentirà sempre una donna a metà, a prescindere dall'effettiva voglia di diventare madre. Ancora oggi l'infertilità è una macchia, quasi una colpa, che lo si ammetta pubblicamente o meno. 
Venuto al Mondo è una serie di cazzotti ripetuti all'utero. C'è questa maternità, ricercata in maniera ossessiva, maternità che diventa il perno di tutto il libro. Maternità che da storia si scontra con la Storia, quella con la S maiuscola che non ha pietà di niente e di nessuno. E quando si crede di stare riprendendosi dai cazzotti che la Mazzantini ha saputo assestare con un destro-sinistro da manuale, ecco che arrivano gli altri colpi, sempre all'utero che durante la lettura diventa il cuore pulsante: lo stupro. 
E si arriva all'ultima pagina boccheggianti, con un sapore di ferro in bocca ed una tenaglia che stringe la cassa toracica. Alla fine del libro la lettrice è diventata essa stessa un utero pulsante.

Col film succede più o meno la stessa cosa, ma è tutto molto più sfumato, delicato no, perché una storia così non può essere delicata. 

Per questo motivo ieri sera, quando sono rientrata con Amando, dopo essere stati al cinema, non riuscivo a dormire.
Ho aperto la finestra e mi sono affacciata, rimpiangendo un po' di avere la vista solo sul condominio di fronte. Ma avevo la finestra aperta e fumavo. E piano piano ho smesso di essere Utero per tornare Midori.

                                                                             Midori

1 commento:

  1. Quel film ha scosso anche me...certo, non ha lo stesso potenziale emotivo del libro, ma è pur sempre un film abbastanza duro. Io la notte non ho dormito quasi per nulla, e ancora oggi se ci penso, un po' d'ansia mi viene.

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